La Féta ‘d Sanjors conclude a primavera inoltrata il ciclo di feste patronali valsusine che hanno radici in antichi rituali per la fertilità della terra, ed un fil rouge con alcuni culti mediterranei delle religioni monoteiste.
Nella domenica più vicina al 23 aprile, la processione religiosa è imperniata sulla figura dai sei Spadonari che con la loro Danza delle spade accompagnano in processione per il paese la statua di San Giorgio, al suono della banda musicale, mentre nel pomeriggio interpretano l’esercito del perfido Conte nella Rievocazione Storico Leggendaria della Soppressione del Feudatario.
Il programma dell’evento: https://www.valdisusaturismo.it/events/23-aprile-san-giorgio-spadonari-e-soppressione-del-feudatario-a-san-giorio-di-susa/
Dalla tradizione all’innovazione di una nuova tradizione
La Danza delle Spade legata ai riti per la fertilità e il risveglio della primavera ha radici antiche in Valle di Susa e sono riconducibili alle danze frontali che prevedono figure e movimenti condotti in simultanea dagli Spadonari.
Le figure e i gesti della danza sono espressione di rituali ancestrali legati alla rinascita della primavera dopo il lungo inverno: periodo di riposo dai lavori di campagna il cui risveglio è simbolicamente scandito da momenti e figure elette tra i membri della comunità.
La luce della primavera che sostituisce le tenebre dell’inverno, la metafora del bene dell’eroe che porta la luce e il mostro delle tenebre troverà forza in leggende che si perpetuano in tutte tre le religioni monoteiste del mediterraneo dove la terra, l’agricoltura e la fertilità sono stati elementi di crescita delle società. Riti che probabilmente vennero esportati e adattati anche nel cuore delle alpi attraverso i Cavalieri di Gerusalemme.
Quando gli Spadonari rientrano nell’ambito religioso cristiano vengono accompagnati da figure come la Mignona, la priora nubile, l’Abbà, il conduttore della processione religiosa e la Badessa, la priora più anziana; tutti questi ruoli con lo spadonaro più anziano che viene sacrificato a Parà Paravì, sono trasferiti nel copione della Soppressione del Feudatario: la giovane sposa, lo sposo trionfatore, la contessa buona, e il terribile feudatario.
Interpretazioni, nuove tradizioni che si innestano volontariamente in una comunità forse perché certi riti e certe gestualità non vengono più compresi.
Il culto di San Giorgio dal Mediterraneo alle Alpi: draghi e acqua, fiori e nastri colorati, tenebra e luce, inverno e primavera
Tuttavia il tema del passaggio dall’inverno al risveglio della primavera, dal buio alla luce, dei fiori e dei colori si ritrova anche legato al culto di San Giorgio martire e curiosamente accomuna i culti locali presenti nelle tre religioni monoteiste del mediterraneo, in un file rouge molto interessante tutto da indagare.
Secondo studi recenti san Giorgio si potrebbe identificare in una sorta di antico patrono che viene celebrato tra il 23 aprile (giorno della sua morte) e il 6 maggio a seconda del calendari (ortodosso).
In diverse zone del mediterraneo si prevedono momenti collettivi in cui mangiare e stare a contatto con la natura raccogliendo fiori di campo o mettendo fiocchi colorati agli alberi pregando per la fertilità della terra o della famiglia.
Ci sono santuari dedicati a San Giorgio che sono rivendicati o frequentati da cristiani e da islamici, perché queste figure sacre trascendono le appartenenze religiose e sociali ma richiamano riti più antichi.
La leggenda del drago
La leggenda del drago ucciso da san Giorgio, drago che rappresenta il male e il diavolo secondo la leggenda giunta in occidente dai cavalieri di Gerusalemme dei quali era patrono, nasce a Lydda in Palestina (dove si trova la tomba del santo) e dove la comunità è oggi devota al profeta del Corano Al-Khadr, il profeta verde, che secondo la tradizione locale libera lo stagno da un mostro che impediva l’abbeveraggio degli animali e della comunità.
L’etimologia di Giorgio d’altronde riporta al significato greco di contadino, di colui che coltiva e cura la terra, in un rimando ulteriore alla radice del culto del santo.
In altre parole san Giorgio come AL -Khadr è la primavera mentre il drago/mostro è l’inverno che divora bestiame e i giovani a causa della siccità.
Il profeta verde è legato alla vegetazione e alla fertilità e viene festeggiato tra il 23 aprile, ma non solo è inevitabile non osservare la sovrapposizione con san Giorgio, se si pensa che in Turchia il santuario a lui dedicato sull’isola di Buyukada è condiviso tra cristiani ortodossi, cattolici mussulmani e aleviti con celebrazioni fatte di nastri colorati proprio il 6 maggio, giorno in cui vi è la ricorrenza ortodossa di San Giorgio.
Sempre in Turchia e nella penisola balcanica ricorre il Gurgevdan o Hidrellez (da profeta Elia, portatore della luce e del sole) con riti molto simili, legati all’acqua, alla fertilità simboleggiata da fiori e astri colorati, e da canoni o nenie molto ritmate, che rimandano alle tradizioni antiche di trance in connessione con la divinità.
Per conoscere di più: https://www.valdisusaturismo.it/riti-alpini-valsusa/san-giorio-festa-di-san-giorgio/
La Rievocazione Storica della Soppressione del Feudatario
Nel 1929 il parroco don Attilio Bar compone il copione della Rievocazione Storico Leggendaria della Soppressione del Feudatario. Si innesta quindi nella festa patronale un nuovo elemento che si rifà probabilmente ad alcune tradizioni e interpretazioni erudite ottocentesche, ma tendenzialmente oggi interpretate come fantasiose. Fin da allora la cosiddetta Festa al Castello ha coinvolto tutta la comunità sia grandi che bambini nell’interpretare ruoli e figuranti e avviare una nuova tradizione che ormai da 90 anni seppur con alti bassi si rinnova, ed oggi conta circa 80 elementi.
I figuranti possono essere suddivisi in due categorie la nobiltà e la popolazione contadina con alcuni ruoli chiave:
Conte Raimondo Bertrandi: feudatario prepotente e tiranno che minaccia e pretende dai suoi sudditi. È affiancato nelle sue turpi imprese dal fido araldo.
Contessa Speranza: moglie del conte, sottomessa e impaurita dagli scoppi d’ira del marito, segretamente aiuta la popolazione vessata dalle pretese del conte. È sostenuta nelle opere di carità dalle sue damigelle.
La sposa e le pastorelle: eseguono canti e balli che inneggiano al risveglio della primavera e alla gioia dell’amore, dato l’imminente matrimonio, proveranno a difendere la sposa dalle minacce, e infine insorgeranno insieme ai popolani nella lotta contro il feudatario.
Lo sposo e i popolani: il giovane innamorato e insofferente alle vessazioni del conte, chiamerà a raccolta la popolazione alla rivolta dopo il rapimento della sua sposa. Ingaggerà un duello a colpi di spada contro il conte fino ad ucciderlo e liberare la sua promessa sposa.
La scelta dei ruoli principali in particolare per lo sposo e la sposa protagonisti della storia è legata alle capacità canore e recitative soprattutto per il momento del duetto e due voci.
Il ruolo del Conte è sempre stato legato alla fisicità e ovviamente alla capacità recitativa.