La Soppressione del Feudatario, la Festa al Castello e la Girunda
San Giorgio Martire – San Giors – La Féta ‘d Sanjors conclude a primavera inoltrata il ciclo di feste patronali valsusine che hanno radici in antichi rituali per la fertilità della terra. Rievocazione storico leggendaria che si rappresenta a San Giorio nella domenica più prossima al 23 aprile (giorno della festa patronale di San Giorgio martire), rappresenta uno dei momenti più suggestivi e particolari dell’intero folklore valsusino.
Questa rievocazione, imperniata su un evento storico riferito all’epoca Medievale, coglie lo spunto dalla ribellione contadina contro le pretese del signorotto locale di far valere il crudo abuso dello “Jus primae noctis”. Nonostante le frequenti citazioni a questa infausta gabella, rimangono grossi dubbi sulla sua reale esistenza, mentre pare si tratti più verosimilmente di una drammatizzazione in chiave feudale del diritto patrimoniale di “Maritatum”.Sebbene il sanguinoso episodio della ribellione contro questo diritto feudale sia puramente leggendario in esso è da ricercarsi la remota origine della festa di San Giorio.
La rievocazione storico-leggendaria in cui si inserisce lo “Jus primae noctis’’ è stata rappresentata per la prima volta sulle alture del castello medievale nel 1929, anno in cui l’allora parroco canonico don Attilio Bar, ne scrisse il copione.
Tuttavia a San Giorio, sin dai secoli precedenti era consolidata la tradizione della Danza delle Spade eseguita dagli Spadonari. La data chiave rimane quella del 1929. Precedentemente a quell’anno gli Spadonari rappresentavano l’elemento centrale della festa patronale. In una località alla periferia del paese detta Prà Paravì, gli Spadonari divisi in due schiere l’una del Feudatario e l’altra del Vendicatore tiranno fuggiva si affrontavano in un combattimento: il su un ciliegio e veniva raggiunto e ucciso, quindi resuscitato da un buon bicchiere divino. Una tradizione ben documentata nel 1898 dall’avvocato Barraja che ne scrisse un articolo, corredato da fotografie.
Oltre agli Spadonari a fine Ottocento esisteva la figura dell’Abbà, il priore della festa che veniva portato in giro per il paese a spalle ed esisteva anche l’albero della fertilità, denominato “Cantello” simile alla tradizione della Puento di Chiomonte, del Bran di Giaglione e dei Branch di Meana. Attorno a questa prima forma di Soppressione, riprendendo anche la figura dell’Abbà trasformandolo nello Sposo della rievocazione, nel 1929 il Canonico Attilio Bar ideò il copione che ancora oggi viene rappresentato.
La festa:
San Giorgio Martire
21 aprile
SAN GIORIO – La Rievocazione Storico-leggendaria de “La Soppressione del Feudatario” taglia il traguardo della sua 95° edizione e per celebrare al meglio l’evento a San Giorio si terrà il Raduno Valsusino degli Spadonari con la partecipazione degli Spadonari e Bande Musicali di Giaglione e Venaus.
Ad organizzare gli eventi della festa si è costituto un Comitato Organizzativo “San Giors Festa Patronale e Festa al Castello” con la partecipazione del Comune di San Giorio, Società Filarmonica “Concordia”, Pro Loco San Giorio, Spadonari e Gruppo Folkloristico San Giorio.
PROGRAMMA 2024
I festeggiamenti patronali si apriranno
giovedì 11 aprile alle ore 21 in sala Consiliare al Municipio in piazza Cinque Martiri con una doppia conferenza: “Com’è che San Giorgio ha ucciso un drago?” a cura di Eleonora Girodo e “Riti alpini: la Danze delle Spade in Valle di Susa” a cura di Marco Rey.
Venerdì 12 aprile torna il teatro a San Giorio. Alle ore 21 presso il Centro Polivalente di via Carlo Carli 148, la Compagnia “Teatro Insieme” di Susa presenta “Il Cortiletto”, commedia in due tempi di Margherita Petrillo
Sabato 13 aprile a partire dalle ore 9 e per l’intera giornata la Società Filarmonica “Concordia” di San Giorio distribuirà i Sonetti per le vie del paese.
Giovedì 18 aprile, dopo la felice esperienza di cinque anni or sono torna alle ore 14.30 al castello medievale la “Rievocazione kids”: laboratorio teatrale con la scuola primaria di San Giorio che ripropone la “Soppressione del Feudatario” in versione bambini; in caso di maltempo la rievocazione si terrà al salone polivalente di via Carlo Carli 148. In serata alle ore 21 presso la sala consiliare conferenza a cura di Andrea Bonelli: “I Bertrandi: potenti e prepotenti in Val di Susa? Fra storia e storiografia, saga di una dinastia feudale a cavallo delle Alpi”.
Venerdì 19 aprile alle ore 15 inaugurazione “MuseAbile” presso Casa di Rina Giai in via Martinetti con mostra Storia e Festa al Castello a cura dei ragazzi della Biblioteca comunale. In serata alle ore 21 in sala consiliare presentazione del libro di Andrea Maria Ludovici “Arte di frontiera. Dieci secoli di pitture in Valle di Susa”.
Sabato 20 aprile in sala consiliare ore 10,30 inaugurazione mostra fotografica “Luci e Ombre” a cura del gruppo fotografico “Chianocco Click Club” con apertura sino alle 12,30 e poi 14,30-18. Domenica 21 aprile mostra visitabile in orario 10-12,30 e 14-18.
Domenica 21 aprile giorno della festa patronale apertura della “Cappella del Conte” con i suoi affreschi trecenteschi con orario 10,30-12 e 15-18 con visite guidate con i volontari associazione Jonas. Sempre domenica apertura plastico ferroviario della Famiglia Biglietti in via Carlo Carli 55, cortile interno con apertura 14-18. Domenica 21 aprile per celebrare il 95° della “Soppressione del Feudatario” ci sarà il Raduno Valsusino degli Spadonari con la partecipazione degli Spadonari e Bande musicali di Giaglione e Venaus.
Il programma della festa di domenica 21 aprile prevede:
– ore 10.30 Processione e Messa del Santo Patrono San Giorgio Martire con gli Spadonari e la Danza delle Spade, figuranti della Rievocazione storica accompagnati dalla Filarmonica Concordia.
– ore 12.30 Antica Osteria Feudo propone Menù degli Spadonari a 25€,
info e prenotazione: tel. 3479970670
Nel pomeriggio:
– ore 14 ritrovo in piazza Micellone
– ore 14,30 partenza sfilata dei figuranti rievocazione e ospiti.
– ore 15,30 al Castello Raduno valsusino della “Danza delle Spade” con la partecipazione degli Spadonari di Giaglione e di Venaus accompagnati dalle Bande musicali e
svolgimento della 95° edizione della “Soppressione del Feudatario” rievocazione storico leggendaria dal 1929.
– ore 17,30 sfilata per le vie del paese e tradizionale “Girunda” in piazza Micellone con esibizione degli Spadonari di Giaglione, Venaus e San Giorio accompagnati dalle bande musicali.
Martedì 23 aprile, giorno di San Giorgio, alle ore 10 Messa in onore del Santo Patrono San Giorgio Martire.
Sabato 27 aprile alle ore 21 al centro polivalente di via Carlo Carli 148 “Concerto di San Giors” della Società Filarmonica “Concordia”.
I festeggiamenti patronali si concluderanno
venerdì 3 maggio alle ore 20
con la “Cena di San Giursin” all’Antica Osteria il Feudo
prenotazione Roberto Cioffre: Tel. 320 5599372
Rievocazioni storiche
Nello spirito della tradizione che si rinnova, è la Soppressione del Feudatario oggi il momento in cui la comunità celebra in onore di San Giorgio una rievocazione storico leggendaria.
Gli elementi della festa
- Ruoli e soggetti
- Oggetti ed elementi rituali
- Momenti e luoghi
- Abiti tradizionali
- Storia e attualità
- Info e indicazioni pratiche
- Bibliografia
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Gli Spadonari |
La soppressione del feudatario
I figuranti possono essere suddivisi in due categorie la nobiltà e la popolazione contadina con alcuni ruoli chiave:
Conte Raimondo Bertrandi: feudatario prepotente e tiranno che minaccia e pretende dai suoi sudditi. È affiancato nelle sue turpi imprese dal fido araldo.
Contessa Speranza: moglie del conte, sottomessa e impaurita dagli scoppi d’ira del marito, segretamente aiuta la popolazione vessata dalle pretese del conte. È sostenuta nelle opere di carità dalle sue damigelle.
La sposa e le pastorelle: eseguono canti e balli che inneggiano al risveglio della primavera e alla gioia dell’amore, dato l’imminente matrimonio, proveranno a difendere la sposa dalle minacce, e infine insorgeranno insieme ai popolani nella lotta contro il feudatario.
Lo sposo e i popolani: il giovane innamorato e insofferente alle vessazioni del conte, chiamerà a raccolta la popolazione alla rivolta dopo il rapimento della sua sposa. Ingaggerà un duello a colpi di spada contro il conte fino ad ucciderlo e liberare la sua promessa sposa.
La scelta dei ruoli principali in particolare per lo sposo e la sposa protagonisti della storia è legata alle capacità canore e recitative soprattutto per il momento del duetto e due voci.
Il ruolo del Conte è sempre stato legato alla fisicità e ovviamente alla capacità recitativa.
Gli Spadonari
PRIMA DELLE FESTA AL CASTELLO La natura della Danza delle spade ha radici antiche come testimonianze fotografiche e memorie raccolte in passato ricordano di ritualità diverse scandite nell’arco del giorno di San Giorgio. Un cerimonia per pochi , con la sveglia all’alba con la Banda che suona la marcetta della Diana, con il ritrovo degli spadonari a Pra Paravi presso un ciliegio in fiore, qui veniva inscenata una lotta dove lo spadonaro più anziano cadeva trafitto dai sabrou degli spadonari più giovani. Un sorso di vino e il sangue di un galletto spruzzato sul viso resuscitavano l’anziano spadonaro e infine tutti insieme, spadonari e banda, rientravano in paese passando di cortile in cortile a richiamare la comunità alla festa religiosa in chiesa. Fino alla fine Ottocento e prima della prima Guerra Mondiale era ancora in uso la processione del Cantel, ovvero l’albero fiorito o albero della vita che con fiocchi colorati e fiori richiamava, come la figura degli Spadonari, una tradizione legata ai riti di risveglio della primavera e di fertilità dei campi. Il Cantel era sorretto dalla Mignona, la priora nubile, accompagnata dalle madrine, che secondo l’unica fonte orale raccolta intorno al 1970 , era la più anziana tra le priore del passato e la priora dell’anno precedente. Sulla base della ricostruzione fotografica il Cantel e le priore seguivano gli Spadonari, mentre il corteo religioso con la statua di San Giorgio erano posizionati in coda. Inoltre erano presenti uomini con lunghe lance e lanterne a scortare l’intero corteo processionale.
Con ogni probabilità la figura degli Spadonari sparì dalle celebrazioni religiose in concomitanza con gli eventi bellici della Prima Guerra Mondiale, ma venne ristabilita quando dal 1929 venne inserita nelle celebrazioni della festa patronale la Soppressione del Feudatario, familiarmente detta la Festa al Castello. La documentazione storica mostra infatti nelle prime edizioni figuranti con abiti di varie fogge mediovalizzanti che sappiamo essere costumi teatrali affittati a Torino.
Gli Spadonari furono oggetto invece di un intervento “governativo” in epoca fascista con l’invenzione delle divise con pantaloni bianchi e casacca a righe bianche e rosse che sono state utilizzate fino alla fine degli anni ’90. Il cappello a tesa larga era decorato con alcuni fiori finti e qualche nastrino colorato, unico segno della tradizione secolare precedente.
La tradizione degli Spadonari è in genere familiare, il ruolo si passa di padre e in figlio o comunque nello stretto giro parentale, ma rispetto un tempo è ora una tendenza più sfumata.
La Danza delle Spade si configura come tutte le altre della tradizione alpina, non un esercizio militare di abilità con le spade, ma una danza coreutica, in questo caso di tipo frontale.
Seppur eseguiti con la presenza delle marce della Banda Musicale, i movimenti e le gestualità sono scandite in realtà dal rullo del tamburo e dal comando del “capo degli spadonari”, comandi in patois che determinano le figure eseguite in simultanea:
Quat faciade: disposti su due file e in posizione frontale, gli spadonari fendono due volte il terreno con il sabrou per per un totale di quattro volte e intanto ruotano di 90° . Ogni volta che terminano la fenditura del terreno si trovano quindi su allineati su due file nella stessa direzione e compiono un movimento con la spada in alto verso l’esterno. Impugnando con entrambe le mani e con movimento di braccia roteando la spada dietro la schiena, compiono un passo indietro piegando il ginocchio e facendo toccare ad incrocio dietro la schiena la punta della spada sul tacco del piede sollevato.
Cerchio: disposti a cerchio frontalmente , compiono movimenti bati sautand per tre e bati sautand tuti ansema, vuole dire che gli spadonari alternati o tutti in insieme si spostano con un salto su un piede verso il centro battendo le spade in alto e tornano al loro posto ruotando su stessi mettendo il sabrou di traverso fino a raggiungere la posizione di riposo con braccio sinistro sul fianco e mano destra che impugna il sabrou rivolto verso l’alto.
In tre steila per tre e ansema: disposti in cerchio frontalmente, si chiude il cerchio girando su stessi fino a trovarsi schiena contro schiena con il sabrou puntato in avanti con le braccia tese. Si rigirano nuovamente per tornare in cerchio frontalmente. Con aut en mes, i sabrou vengono tutti e sei incrociati in alto, con an metà incrociati in mezzo ma ad altezza fianchi e puntè viene fatto il gesto di infilzare il terreno nello stesso punto. Con suta al bras si pizzica la lama sotto il braccio e l’impugnatura è in avanti con un saltino in avanti tutti si piegano con la testa verso il centro e le lame del sabrou puntano verso l’alto. Si ritorna al proprio posto con salti marcati con le ginocchia ben sollevate.
Tre an rablan: in tre ruotano il sabrou lateralmente e si piegano in ginocchio vero il centro con il sabrou puntato in alto e l’impugnatura sul terreno, mentre gli altri tre spadonari vanno ad incrociare le lame in alto sopra i compagni.
In tre steila la hola (segno dei tempi che cambiano e si rinnovano con nuove terminologie): in cerchio frontale, uno dopo l’altro gli spadonari ruotano su stessi e fanno ruotare le spade sino a chiudere il cerchio spalla contro spalla puntando i sabrou verso l’esterno con l’impugnatura appoggiata sul fianco.
cambiè sabrou: è una figura che viene fatta sia nella modalità di danza a cerchio sia frontalmente. Nel primo caso si lancia il sabrou alla propria destra per tre volte, e nel secondo quando si trovano disposti su due file frontalmente.
Quando sono in marcia gli spadonari camminano a tempo della musica della Banda e l’impugnatura è tenuta contro l’anca destra con la lama verso l’alto, mentre il braccio sinistro è piegato a novanta gradi sull’anca e viene mantenuto anche quando con fè girè i sabrou vengono lanciati in alto e ripresi al volo.
Questi sono i comandi che si sentono assistendo ai movimenti precisi degli Spadonari che saltano, fanno ruotare le spade, le scambiano e mimano gesti come la fenditura del terreno, la sfalciatura, a ricordare che queste erano danze propiziatorie per assicurare la fertilità della terra, la fine dell’inverno e benaugurali per la la primavera.
Sabrou
È il nome in patois della spada dalla lunga lama di circa 80 cm e larga all’incirca 5 cm senza sguscio e con la punta tondeggiante non offensiva. Presenta pomolo ottonato e l’impugnatura in legno ricoperta di velluto rosso e borchie metalliche con un elsa ricurva.
Drapò
È una bandiera di grandi dimensioni dal fondo rosso scuro con un riquadro raffigurante San Giorgio che uccide il drago. Viene portata in processione dal figurante che impersona il gonfaloniere, ed è oggetto di giuramento nelle scene finali della Soppressione del Feudatario, ma presente probabilmente già nella processione religiosa precedente la cosiddetta Festa al Castello con una foggia simile dove però il santo patrono è ricamato e decorato con passamanerie. Il vecchio drapò è conservato in municipio sotto teca.
Processione religiosa di san Giorgio Martire e messa
La celebrazione religiosa avviene al mattino con il ritrovo a scuola di musica della Banda, degli Spadonari e dei figuranti principali della Festa al Castello . In marcia al suono della Banda e dei tamburi il corteo raggiunge la chiesa parrocchiale di San Giorgio Martire da dove parte la processione religiosa.
La statua di San Giorgio è sorretta dai Coscritti diciottenni dell’anno e dai fedeli che offrono il cambio lungo il percorso . È preceduta nell’ordine dagli Spadonari e dalla Banda, dal parroco con la teca delle reliquie del Santo patrono ed è seguita dai fedeli che cantano l’inno a San Giorgio, dagli sposi che sorreggono il cesto con il pane della carità e dai figuranti principali della Festa al Castello. La processione per le vie del paese prevede il medesimo itinerario e percorre dalla piazza della chiesa via della parrocchia, via Carlo Carli nella zona detta Pounta’d Villa fino alla medesima via ma nella zona del paese detta Found ‘d Villa, per poi attraversare la piazza antistante il Municipio e ritornare in chiesa per la messa solenne.
Al termine della cerimonia religiosa viene distribuito il pane della carità all’esterno della chiesa, mentre i figuranti si ritrovano alla Cappella del Conte poco distante. In seguito il corteo con Spadonari, Banda e figuranti si ricompone per raggiungere piazza Velino dove gli Spadonari si esibiscono nella Danza delle Spade.
La celebrazione del mattino si conclude con un aperitivo e il pranzo della festa a casa con gli ospiti delle famiglie, sino al ritrovo pomeridiano a Scuola di Musica dove riparte il corteo dei figuranti della Soppressione del Feudatario.
pomeriggio
Festa al Castello – Soppressione del Feudatario
La storia è quella di un feudatario Raimondo Bertrandi -famiglia che realmente dominò il territorio tra il XI e il XII secolo infeudata dai Savoia – che vessa con tasse e pretese la popolazione contadina; è affiancato dalla contessa che invece si prodiga per aiutare le famiglie. Gli Spadonari assumono il ruolo di esercito del perfido conte: indubbiamente il castello medioevale rende ancora più scenografica la Danza delle Spade.
Il popolo contadino vive con sempre maggior insofferenza la prepotenza del conte, in particolare un giovane sposo che reagirà all’ennesimo sopruso , ovvero lo jus primae noctis preteso nei confronti della sua promosse sposa. (un diritto medioevale inesistente, ma proveniente dall’immaginario storicizzato di alcune credenze erudite.)
La giovane sposa e le sue compagne, le pastorelle, eseguono canti e balli che inneggiano alla bellezza della primavera e all’amore, idillio che viene interrotto dalle minacce del conte, fino al rapimento che scatenerà la rivolta.
L’epilogo porterà al trionfo dello sposo lungo le vie del paese, con un ordine inverso: Spadonari e Banda precedono lo sposo portato a spalle in trionfo seguito dai popolani e pastorelle, il conte e la nobilità chiudono il corteo. La festa si chiude con con lla Danza degli Spadonari e un ballo sfrenato in piazza coinvolgendo tutti i figuranti e il pubblico.
Luoghi della festa:
– Chiesa parrocchiale San Giorgio Martire
– via della Parrocchia, via Carlo Carli
– piazza Giordano Velino
– Castello Medioevale
L’abito tradizionale degli spadonari
Per lungo tempo da quando gli Spadonari tornarono ad essere protagonisti della festa patronale di San Giorgio, i loro abiti prevedevano pantaloni bianchi, e giacche bianche con lunghe strisce di nastro rosso che terminavano con un nodino. Questa divisa, di fatto imposta come avvenne anche per gli Spadonari di Fenestrelle, venne utilizzata per la prima volta quando gli Spadonari parteciparono alla sfilata inaugurale delle Olimpiadi Berlino nel 1936.
Con la scoperta casuale di uno degli abiti originali degli spadonari ben riconoscibile dal confronto con le fotografie di fine ‘800, e il suo restauro, è stato possibile per il Gruppo Folkloristico, il comitato organizzatore della Festa al castello, rifare la divisa degli Spadonari seguendo il modello antico. È un rifacimento con stoffe e passamanerie preziose che rimandano alla tradizione, ma che certamente non sono paragonabili alla ricchezza che potevano avere gli abiti originali.
La figura degli Spadonari aveva un tradizione familiare che prevedeva il passaggio del ruolo di padre in figlio e quindi anche il sabrou e l’abito erano personali e sicuramente elaborati, accomodati e arricchiti all’interno della famiglia stessa utilizzando passamanerie, oro o argento decorazioni e stoffe secondo le disponibilità: questo significava che ogni abito era diverso per colore e per decorazione, ma il modello era identico, una casacca alla quale è cucito un gonnellino di stoffa più leggera.
Oggi la casacca a manica lunghe di stoffa spessa dai colori vivaci è arricchita con bordure colorate abbinate che disegnano motivi sulle spalle e i polsini. Frange più o meno lunghe intarsiate decorano il petto e la schiena, notevole è la decorazione dell’abito antico , restaurato che presenta una complessa rete di fili di seta e di palline di legno decorate in seta blu. Al di sotto si indossa una semplice camicia bianca con una cravatta dal colore abbinato al colore predominante della casacca.
Il gonnellino cucito alla casacca è di stoffa dal colore uniforme con leggeri pois che riprendono il colore del damascato e delle bordure, al di sotto del quale si indossano pantaloni classici.
Nella ricostruzione del 2000 si è voluto simbolicamente ricordare la tradizione che voleva che la composizione degli Spadonari fossero tre provenienti dalle borgate di montagna, pantaloni neri, e tre di “villa” ovvero il paese di San Giorio, pantaloni bianchi.
Il copricapo è oggi un cappello Borsalino decorato con fiori colorati e nastri abbinati alla cravatta. Interessante osservare dalle fotografie di fine ‘800 come i copricapi fossere di foggia assai differente l’una dall’altra, segno anche del riutilizzo di ciò che era a disposizione della famiglia e in un caso si vede anche chiaramente un elmo di foggia medioevale.
L’abito tradizionale dei figuranti _ Soppressione del Feudatario
Se all’inizio per i ruoli principali si affittavano i costumi teatrali, In seguito le famiglie si adoperarono a realizzare costumi personali per i vari figuranti, fino a quando il comitato organizzatore negli anni’70 fece fare costumi che vengono ancora oggi prestati ai figuranti. Lo stile è folkloristico e ricostruito su uno stile medioevaleggiante.
Molti del partecipanti tra popolani e pastorelle hanno costumi personali, molti dei quali realizzati osservando le immagini delle prime edizioni della Festa al Castello.
Spadonari e San Giorgio
La Danza delle Spade di San Giorio, e in genere quelle valsusine, sono riconducibili alle danze frontali che prevedono figure e movimenti condotti in simultanea dagli Spadonari.
“excercis de trente jeunes s’affairant avec beaucup d’habilité avec des espadons” Susa, 1663, corteo nunziale del matrimonio tra Carlo Emanuele II e Francesca d’Orlèans (lettura critica di Ettore Patria).
“une danse exécutée par le jeunes gens l’épée à la main, qui est conservée dan s l’hameu de Ponte de Cérviéres”, 1804 Antoine Farnaud, inaugurazione dell’obelisco al Monginevro
trés long épée plate que l’on peut prendre à deux mains par la poignée, 1816 Aubin Louis Millin descrive cortei religiosi di paesani abbigliati da romani o simili
Queste sono le poche le documentazioni scritte fin’ora rinvenute e oggetto di studio ma alcune sono interessanti e sebbene non sia possibile sapere a quali paesi effettivamente si riferissero (salvo Ponte de Cervieres, vicino a Briancon) sembrano escludere le danze moresche e le danze a catena che si ritrovano in varie parti del Mediterraneo oltre che sull’arco alpino.
Le differenze tra i tre tipi di danza di spade:
frontali: i danzatori sono pari, eseguano danze ritmate da un tamburo e l’eventuale accompagnamento della banda non è necessariamente a tempo con i movimenti coreutici.
a catena: non si accenna mai a duelli frontali, ma è composta da complessi movimenti dove gli spadonari sono in numero dispari e impugnano la spada con una mano, mentre l’altra viene appoggiata sulla spalla del danzatore che precede. La continuità dei movimenti porta a formare figure a rosa o a stella e termina con l’innalzamento del capo coreuta. Le figure dela danza sono accompagnate da un musica o da una melodia cantata ripetitiva.
Moresche: o morris dance, sono espliciti combattimenti, intervallati da momenti di danza fra due schiere di armati, spesso distinti per costumi dai colori diversi e dalla foggia orientaleggiante. In molti casi una delle due schiere o uno dei danzatori mostra un viso annerito. Gli studiosi sono concordi nel definire che in molte tradizioni vengono evocati scontri tra Cristiani e saraceni, una serie di interpretazioni storicizzate ma per lo più fantasiose e non comprovate, ma che probabilmente hanno sostituito forse radici più antiche. Personaggi con il volto annerito rappresentano demoni della vegetazione che non vogliono farsi riconoscere dagli spiriti malvagi e che in un momento preciso innescano un rito di uccisione e resurrezione. Meccanismo che accomuna anche i carnevali invernali delle Alpi e anche valsusini come le Barbuire del Lajetto o il Gueinì di Salbertrand.
Tentativo che in qualche modo è stato perpetrato anche nei confronti degli Spadonari di San Giorio con l’invenzione della Soppressione del Feudatario ma da tempo è stato superato riportando all’origine le loro radici più antiche.
La testimonianza di Settimia Berardi classe 1884 raccolta dal nipote Mario Cavargna negli anni ’70, hanno permesso di ricostruire la natura degli spadonari e dei tre giorni di festa che che non contemplavano alcuna ritualità religiosa.
Quando gli Spadonari rientrano nell’ambito religioso vengono accompagnati da figure come la Mignona, la priora nubile, l’Abbà, il conduttore della processione religiosa e la Badessa, la priora più anziana; tutti questi ruoli con lo spadonaro più anziano che viene sacrificato a Parà Paravì verranno trasferiti successivamente nel copione della Soppressione del Feudatario come la giovane sposa, lo sposo trionfatore, la contessa buona, e il terribile feudatario. Interpretazioni, nuove tradizioni che si innestano volontariamente in una comunità forse perché certi riti e certe gestualità non vengono più compresi.
Certamente le interruzioni in tempo di guerra, e la conseguente mancanza di trasferimento di saperi alle generazioni cadute nel conflitto, hanno portato alla necessaria creazione nuove tradizioni con una necessaria rivitalizzazione perché di fatto la comunità era cambiata. In questo senso prende piede la Soppressione del Feudatario e diventa il nuovo elemento tradizionale e identitario dei sangioriesi, tuttavia con la consapevolezza che gli Spadonari sono qualcosa di ancora più antico.
È assodato che la Danza delle Spade di San Giorio, sia, come per le altre valsusine, espressione di rituali ancestrali legati alla rinascita della primavera dopo il lungo inverno. Periodo di riposo per le comunità alpine che trovano in questi riti l’essere una comunità il cui risveglio è simbolicamente scandito da momenti e figure elette.
Tuttavia il tema del passaggio dall’inverno al risveglio della primavera, dal buio alla luce, dei fiori e dei colori si ritrova anche legato al culto di San Giorgio martire e curiosamente accomuna i culti locali presenti nelle tre religioni monoteiste del mediterraneo in un file rouge molto interessante.
Un culto che arrivato nelle Alpi e che qui a San Giorio ha trovato espressione simbolica con gli Spadonari e la Danza delle Spade.
Secondo studi recenti san Giorgio si potrebbe identificare in una sorta di antico patrono che viene celebrato tra il 23 aprile (giorno della sua morte) e il 6 maggio a seconda del calendari. In diverse zone del mediterraneo si prevedono momenti collettivi in cui mangiare e stare a contatto con la natura raccogliendo fiori di campo o mettendo fiocchi colorati agli alberi pregando per la fertilità della terra o della famiglia. Ci sono santuari “amibigui” dedicati a San Giorgio che sono rivendicati o frequentati da cristiani e da islamici, perché queste figure sacre trascendono le appartenenze religiose e sociali ma richiamano riti più antichi.
La leggenda del drago ucciso da san Giorgio, drago che rappresenta il male e il diavolo secondo la leggenda giunta in occidente dai cavalieri di Gerusalemme dei quali era patrono, nasce a Lydda in Palestina (dove si trova la tomba del santo) dove la comunità locale è devota al profeta del Corano Al-Khadr, il profeta verde, che libera lo stagno da un mostro che impediva l’abbeveraggio degli animali e della comunità. In altre parole san Giorgio come AL -Khadr è la primavera mentre il drago/mostro è l’inverno che divora bestiame e i giovani. Il profeta verde è legato alla vegetazione e alla fertilità e viene festeggiato il 23 aprile. Inevitabile non osservare la sovrapposizione con san Giorgio, se si pensa che inoltre in Turchia il santuario a lui dedicato sull’isola di Buyukada è condiviso tra cristiani ortodossi, cattolici mussulmani e aleviti il 6 maggio. In quella ricorrenza di san Giorgio sempre in Turchia e la penisola balcanica ricorre il Gurgevdan o Hidrellez (da profeta Elia, portatore della luce e del sole) con riti molto simili legati all’acqua, alla fertilità simboleggiata da fiori e astri colorati.
L’etimologia di Giorgio d’altronde riporta al significato greco di contadino, di colui che coltiva e cura la terra, in un rimando ulteriore alla radice del culto del santo.
La luce della primavera che sostituisce le tenebre dell’inverno, la metafora del bene dell’eroe che porta la luce e il mostro delle tenebre troverà forza in leggende che si perpetuano in tutte tre le religioni monoteiste del mediterraneo dove la terra, l’agricoltura e la fertilità sono stati elementi di crescita delle società.
Soppressione del Feudatario
Nel 1929 il parroco don Attilio Bar compone il copione della Rievocazione Storico Leggendaria della Soppressione del Feudatario. Si innesta quindi nella festa patronale un nuovo elemento che si rifà probabilmente ad alcune tradizioni e interpretazioni erudite ottocentesche, ma tendenzialmente oggi interpretate come fantasiose. Fin da allora la cosiddetta Festa al Castello ha coinvolto tutta la comunità sia grandi che bambini nell’interpretare ruoli e figuranti e avviare una nuova tradizione che ormai da 90 anni seppur con alti bassi si rinnova.
Parcheggio:
– piazza A.Micellone – prato del Bourg presso la SS 24: per favorire lo spostamento del corteo processionale al mattino e del corteo dei figuranti della Festa al Castello al pomeriggio è in genere fatto divieto di parcheggio nella piazza Giordano Velino e nelle strade adiacenti.
Luoghi della festa:
• scuola di musica
• vie del paese
• parrocchia di San Giorgio martire
• Castello medioevale
Orari:
mattino 10.30 – 12
pomeriggio 14.30 -17.30