Riti Alpini Valsusa – Le feste tradizionali
in Valle di Susa
Sai quante e quali sono le tradizioni che dall’antichità ad oggi continuano ad animare in Valle di Susa i piccoli centri e i borghi alpini?
Il progetto #ritialpinivalsusa, in collaborazione e sostenuto dalla Città Metropolitana di Torino, è nato per riunire il patrimonio di feste e celebrazioni di sei piccoli comuni:
- Chiomonte e la festa di San Sebastiano del 20 gennaio. Scoprirete il ballo della Pouento!
- Giaglione e la festa di San Vincenzo del 22 gennaio. Un viaggio tra priore, spadonari e il bran…
- Mompantero e festa di Sant’Orso del 1 febbraio. Con fora l’Ours e storia della cattura dell’orso…
- Venaus e la festa di San Biagio e Sant’Agata del 3 febbraio. La danza degli Spadonari e le Savoiarde
- San Giorio e la festa di San Giorgio del 23 aprile. Da non perdere la soppressione del Feudatario…
- Meana di Susa e la festa di San Costanzo al 18 settembre. Il momento più atteso: “Lou Bal di Bran”.
Tra sacro e profano: tradizioni religiose in valle di susa
La Valle di Susa nel periodo tra l’inverno e la primavera si anima di feste patronali dal sapore antico che le comunità locali fortemente legate alle proprie tradizioni, hanno portato avanti nel tempo tra innovazioni e riti antichi.
Queste feste tradizionali si collocano nel periodo dell’anno in cui da sempre l’uomo ha messo in atto riti di passaggio per celebrare la luce del sole, per raccogliere le proprie comunità in quel momento in cui le giornate invernali si allungano e piccoli segnali della natura preannunciano la primavera.
La storia non ha cancellato la sopravvivenza di riti legati a culti “pagani” lontani nel tempo, ma le comunità li hanno rielaborati, attualizzati e oggi sono le coloratissime feste patronali di san Sebastiano, san Vincenzo, san Biagio e Agata, san Giorgio, san Costanzo.
Sono feste patronali che si svolgono con modalità diverse e con caratteristiche specifiche ma allo stesso tempo mostrano una radice comune: sono espressioni di rituali ancestrali legati alla rinascita della primavera poi successivamente assorbiti nella liturgia cristiana e rappresentano ancor oggi un momento importante per le comunità che le mantengono vive.
Tra le tradizioni sacre più note e spettacolari spicca la Danza delle Spade di Giaglione, San Giorio e Venaus ma anche gli alberi fioriti come la Pouentu di Chiomonte, il Branc di Meana, il Bran di Giaglione: la festa è scandita da momenti stabiliti, una parte della comunità svolge ruoli preciso indossando abiti tradizionali con una funzione simbolica, dove le danze, i fiori e i colori, le musiche e i cibi sono parte integrate della festa delle comunità alpine.
La tradizione della danza delle spade in Valle di Susa
In Valle di Susa la Danza delle Spade sopravvive nei paesi di Giaglione, Venaus e San Giorio, ma sono documentate in passato anche a Chianocco e a Chiomonte, dove agli spadonari spetta il compito di accompagnare la statua del santo patrono durante la processione in suo onore: Giaglione san Vincenzo 23 gennaio, Venaus san Biagio e Agata 3 febbraio, san Giorio, san Giorgio martire 23 aprile.
La pratica rituale della danza delle spade è di fatto una danza con figure coreutiche che mimano movimenti tipici dei lavori contadini con una modularità precisa, che porta anche alla gestualità degli scontri delle spade con evoluzioni acrobatiche che tanto rendono spettacolari alcuni momenti. Una danza che accomuna non solo alcune comunità valsusine ma rintracciabili un po’ ovunque sull’arco alpino e nell’area mediterranea con caratteristiche simili.
La documentazione di queste danze è molto labile, ma alcuni frammenti interessanti registrati nel tempo a partire dal XVII sec., offrono comunque uno spunto per comprenderne la natura di danze frontali.
Secondo alcuni studi la danza delle spade era probabilmente divertimento popolare che tra il XV sec e XVIII divenne anche uno spettacolo aristocratico messo in scena nelle corti o teatri. In un certo senso storicizzato e fissato, ma con origine comune a tutte le danze rituali: era danzato nel periodo di carnevale con scene che riconducono a rituali legati alla vita della vegetazione (Sachs 1994) con scene di uccisione e resurrezioni, dove i personaggi con il viso annerito rappresentano demoni della vegetazione che non vogliono farsi riconoscere dagli spiriti malvagi.
Per le danze frontali della valle di Susa il richiamo alla terra è rappresentato dai copricapi fioriti e dai movimenti delle spade che imitano la mietitura e in particolare a Venaus e Giaglione tale gesto in patois ha il significato di raccolta. La terminologia coreutica delle danze è in genere data da un capo spadonaro, e se le danze avvengono anche in presenza della Banda, non c’è sempre una esatta armonia tra il ritmo della musica e della danza, senza dimenticare che gli spadonari di San Giorio sono accompagnati da un tamburo che dà il ritmo alla marcia e il via delle figure
annunciate dal capo spadonaro.
Le interpretazioni a queste danze rischiamo di essere molto spesso indimostrabili o una sorta di riassunto di congetture, ma certamente le danze delle spade non sono solo giochi di abilità, sono dei riti che pur con molte distinzioni hanno sempre elementi comuni: costumi colorati, nastri, copricapi fioriti, periodo di realizzazione e anche le fasi rituali della giornata di festa.
La danza delle spade viene fatto rientrare in quel complesso sistema di riti primaverili che segnano il delicato momento di trapasso dall’inverno alla primavera, dalla morte alla rinascita.
Le danze valsusine si attestano dunque tra le danze frontali e con precisi movimenti e figure che possono essere ricondotti ad antichi cerimoniali destinati ad invocare la fertilità dei campi e delle vigne. I costumi, pur diversificandosi da un paese all’altro, hanno comunque in comune la vivacità dei colori e ricchi passamanerie oltre a i caratteristici copricapi adorni di nastri e fiori colorati.
Alcune pratiche e simboli della religiosità popolare hanno radici diverse da quelle dalla Chiesa, e gli spadonari sembrano ricondurre a compagnie o associazioni giovanili che conservavano una diversa forma di organizzazione delle cerimonie carnevalesche o legate al ciclo produttivo agricolo.
I costumi tradizionali femminili in Valle di Susa
Il costume indossato dalle priore dei paesi presi in considerazione Meana, Venaus, Giaglione, è una variante di costume regionale festivo, di foggia non antica, ma
ampiamente diffuso anche nell’area savoiarda di confine.
Con la prima industrializzazione della Valle di Susa si vede la nascita delle prime manifatture di cotone e anche una piccola produzione di seta, così che oltre al consueto mercato oltralpino con i setifici francesi era abitudine della popolazione locale l’acquisto di stoffe e nastri pregiati, per confezionare vestiti per le feste religiose o per i momenti speciali della vita.
Ecco che l’abito/costume della festa è diverso da quello usato tutti i giorni: è in genere di scuro, e a pezzo unico, raramente con gonna e corpetto separati, lungo fino ai piedi, arricchito per i giorni di festa da grembiuli e scialli intonati alle feste liturgiche. Le cuffie in pizzo più o meno elaborate e arricchite da colorati nastri di seta prendono il posto dei semplici foulard usati tutti i giorni.
Le decorazioni, nastri delle cuffie potevano avere differenze tra parrocchie e paesi per distinguersi tra loro come per distinguere anche il ceto sociale.
Acquistare nastri di seta, scialli, passamanerie per arricchire abiti o divise degli spadonari era un investimento non da poco, si comprende anche così perché la tradizione del ruolo degli spadonari ad esempio fosse per linea familiare.
Si ringrazia Eleonora Girodo per il testo e approfondimenti.