Il titolo – a liberissima interpretazione – proposto quest’anno è “Lupus in fabula”. La locuzione latina “lupus in fabula”, tradotta alla lettera, significa il lupo nel discorso. L’espressione è comunemente fatta risalire alla frequenza della presenza del lupo nelle favole esopiane. Un’interpretazione più colta e fondata (l’espressione si trova in Terenzio, e in forma poco diversa in Plauto e poi Cicerone) allude alla credenza degli antichi romani secondo cui l’essere visti per primi dal lupo portava alla perdita della favella. Sta ad indicare il fatto che il sopraggiungere di una persona tronca il discorso che si stava facendo a suo proposito.
Il titolo del concorso, ancora una volta legato al territorio, è ovviamente correlato alla ricomparsa, ormai abbastanza datata, ed al protagonismo – non raramente drammatizzato – del lupo sulle nostre montagne, e ai loro margini. Dopo lo sterminio subito ad opera dell’uomo, portato a termine, sulle Alpi Occidentali, a inizio ‘900. Una ricomparsa controllata, all’interno di un progetto cui lavorano assiduamente sul campo specialisti di adeguata formazione.
Il tema propone quindi la questione del difficile rapporto – anzi, del conflitto – fra uomo e lupo. Usato spesso come immagine mitizzata di uno spietato assassino selvaggio; forse per allontanare da sé la stessa immagine, forse per cattiva coscienza?